L’importanza della relazione madre-bambino
La prima forma di relazione instaurata dal bambino fin dai primi mesi di vita è quella con la propria mamma, relazione fondamentale per lo sviluppo emotivo e affettivo del bambino. I principali esponenti dell’attuale Infant researsch, dimostrano come esiste sin dai primissimi mesi di vita nel bambino la capacità e il bisogno di relazionarsi con la madre. Nel corso del primo anno di vita si sviluppa fra madre e bambino un sistema di comunicazione affettiva, in cui si intrecciano segnali posturali, gestuali, tattili, mimici e vocali; tutto ciò dà forma alla relazione e, ripetendosi con coerenza nel tempo, va a costruire delle modalità interattive stabili, che il bambino impara a riconoscere e su cui inizia a strutturare un modello di relazione di sé con l’altro che dà forma alle sue aspettative e ad un emergente senso di identità.
Prima ancora dell’Infant research seguendo il filone psicoanalitico, lo psicanalista di formazione pediatrica D. Winnicott descrive la diade madre-bambino come una relazione essenziale per il bambino in quanto egli senza le cure materne non potrebbe rivelare il suo innato potenziale. Sempre Winnicott parla di “preoccupazione materna primaria”: tale preoccupazione dà alla madre la capacità di mettersi al posto del suo bambino e di rispondere ai suoi bisogni; grazie a ciò il neonato non avverte nessuna minaccia di umiliazione e può investire il suo sé senza pericolo. La preoccupazione materna primaria si sviluppa poco a poco durante la gravidanza, dura alcune settimane dopo la nascita e si spegne progressivamente. Successivamente la madre accetta la possibilità di non dover essere totalmente gratificante per il suo bambino diventando così sufficientemente buona, ciò con delle mancanze passeggere che sono relativamente sopportabili per il suo bambino in quanto non superano ciò che normalmente egli può tollerare.
Il rischio è che quando la madre non può lasciarsi spontaneamente invadere dalla preoccupazione materna primaria potrebbe comportarsi da “madre terapeuta”, incapace di soddisfare i bisogni precocissimi del suo bambino e, in seguito, invadendo costantemente il suo spazio angosciata e colpevolizzata per la mancanza iniziale. Allora ella cura il suo bambino invece di lasciargli fare le sue esperienze.
Premesso ciò, è importante riprendere il concetto del Sé, che viene a formarsi a seguito della relazione con l’altro significativo per il bambino; questo viene a costruirsi soprattutto sulla base dell’immagine che questo altro ci rimanda di noi.
Nel corso dello sviluppo infantile, la madre svolge la funzione di specchio. Sempre Winnicott sostiene che il viso della madre sia lo specchio del neonato: “Secondo me, di solito ciò che il lattante vede è sé stesso. In altre parole la madre guarda il bambino e ciò che essa appare è in rapporto con ciò che essa scorge” (D. Winnicot).
Fungendo la madre da specchio per il bambino, anche la forma più naturale di contatto come l’allattamento, se non accompagnata da un contatto visivo ma da uno sguardo assorto nel vuoto della madre e da un gesto non più affettivo ma automatico, volto al solo scopo nutritivo, porterà il bambino a non riconoscere il volto materno come rassicurante e poco responsivo. Questa funzione di specchio non è tale solo nei primi mesi di vita ma accompagnerà il bambino anche quando sarà più grande, estendendolo a tutti gli elementi della famiglia che con i loro atteggiamenti e la loro interazione faranno sì che il bambino veda in questi se stesso.
Premesso ciò è importante conoscere il meccanismo relazionale tra madre e bambino in quanto non solo permetterà la costruzione del Sé del bambino ma anche il modo in cui quest’ultimo si relazionerà con gli altri.
Si tende a pensare che i bambini neonati non abbiano ricordi, oppure che le piccole cose come l’allattamento, gli sguardi o semplicemente il tono della voce non siano importanti per il suo sviluppo, ma la ricerca appunto dimostra il contrario; conoscere questi concetti è importante per ogni genitore.