UNA STORIA DA RACCONTARE…UNA BIMBA SPECIALE (Labiopalatoschisi)

famiglia_luce Antonella Grotteria

Agosto 1988, un agosto caldo da far paura e la mia terza gravidanza al termine.

Dopo Fabiola e Mariaroberta sarebbe arrivato Francesco o Alessia?

Questo bambino non si decideva a venir fuori; forse stava troppo bene nel suo mondo a stretto contatto con la sua mamma!

Non si poteva però più aspettare: era trascorso il tempo previsto, come per ogni nascituro, ed il 25 agosto con un dolorosissimo parto pilotato nacque Alessia.

Ascoltai con gioia il pianto della mia bambina, ma nello stesso tempo sentii una gran confusione: il ginecologo che incitava le infermiere a fare in fretta e, mentre chiedevo cosa stesse succedendo, intravidi un fagottino avvolto in un telo verde portato via frettolosamente  dall’ostetrica e dalle infermiere.

Con insistenza chiesi ancora cosa succedesse. Il mio ginecologo mi rassicurò dicendomi che avevo dato al mondo un’altra bellissima bambina, che però aveva qualche residuo  di mughetto che doveva essere aspirato per farla respirare bene.

Tranquillizzata, fui portata nella stanza post-parto e lì, vedendo mia mamma e mio marito che piangevano, cominciai a intuire che, invece, c’era qualcosa che non andava e che non si trattava solo di mughetto…

Volli pensare che forse mio marito era un po’ deluso perché sperava in Francesco, ma capii che non poteva essere solo questo il motivo, capii che c’era qualcosa di più serio…

Dopo ore dal parto, a sera inoltrata, ancora non avevo visto la mia bambina. Ero inquieta e non mi davo pace, chiesi di poterla vedere e mi risposero evasivamente. Mio marito mi incoraggiò a stare tranquilla, ma io mi sentivo impazzire e capii dalla sua espressione che qualcosa di brutto fosse successo.

La mattina successiva, dopo una notte insonne, ancora nulla, dovevo aspettare. Cosa dovevo aspettare? Dov’era Alessia? Cosa aveva di così grave da impedirmi di vederla?

Nel frattempo, ogni tanto venivano accanto al mio letto delle compaesane che mi chiedevano come stessi, ma non chiedevano della mia bimba. Perché?

Solo in seguito seppi che si era già sparsa la voce della nascita di un ……… e non voglio ora riportare le gratuite cattiverie della gente.

Ero stanca di aspettare, urlai perché volevo sapere…

Finalmente mio marito iniziò a dirmi qualcosa, la voce tremula e impacciata… non sapeva come esprimersi per farmi meno male: “ Alessia è nata con un problema…”. Poi insieme al ginecologo mi prepararono ad affrontare quello che mi avrebbe spiegato nel dettaglio il neonatologo.

Piansi, piansi disperata. Mi sentivo sola, non esisteva nulla e nessuno intorno a me. Nella testa solo una frase “Alessia ha un problema”. Volevo scappare, non volevo affrontare quella realtà.

Volevo che fosse solo un brutto sogno. Avevo 29 anni allora ed ero già madre di due bambine perfettamente sane. Come potevo capire ed accettare che Alessia non fosse perfetta?

Entrammo nello studio del neonatologo che ci fece accomodare e ci espose nel dettaglio la situazione rassicurandoci del fatto che comunque era tutto risolvibile. Intanto momenti di silenzi che sembravano eterni avevano strappato in me la forza di pensare, non mi restavano più lacrime.

Vidi ad un tratto una luce davanti a me che mi diede la forza di alzarmi e dire: “sono pronta, voglio vedere Alessia”. Alessia era sola in una stanzetta lontana da occhi indiscreti, anche se qualcuno l’aveva vista prima di me.

Vidi a distanza la culletta e le manine che si muovevano e scoppiai in un pianto disperato. Poi mi avvicinai, era troppo bella, 3,750 kg di bellezza. La pelle bianca come il latte, tenera , dolce, un faccino paffutello con due guanciotte rosa come due pesche e due occhi celesti come il cielo.

E poi c’era la labiopalatoschisi monolaterale sinistra, ma io non vedevo in tutta quella bellezza; quel problema era per me come voler vedere nell’immenso oceano un granellino di sabbia.

La presi tra le mie braccia e sentimmo da subito quel calore che ci aveva unite per nove mesi.

Guardavo con amore Alessia, ma non si poteva fingere, il problema c’era, era importante, era da affrontare, ed io, in quel momento, sentivo solo la mia incapacità nel gestire una cosa che era più grande di me e che mi era del tutto sconosciuta, ma ciò che avvertivo principalmente era il bisogno di conforto e di aiuto, da parte di persone competenti, ossia di medici ed operatori, che in quell’occasione si sono rivelati del tutto impreparati.

Fortunatamente, nel nostro caso, il neonatologo ci indicò la giusta strada da seguire per intervenire nell’immediatezza, anche se dovemmo fare tutto da soli, io e mio marito, i tantissimi viaggi a Roma, le attese, le visite, le lunghe degenze in ospedale, le ore passate dietro la porta di una sala operatoria, le ansie e i battiti di cuore, solo la mia e la sua spalla su cui piangere e consolarci a vicenda. Mai nessuno che ci desse un sostegno morale!

Ciò che mi tormenta ancora oggi, a distanza di tempo, è di aver capito il mio errore con molto ritardo: non avrei dovuto lasciarmi condizionare dalla cattiveria, dalla curiosità della gente, e dal loro giudizio, perché sono state queste le cose che mi hanno indotta a tenere Alessia relegata in casa per mesi e a non scattarle foto per anni. Avrei potuto fare con lei già da subito delle lunghe passeggiate all’aria aperta, ma niente di tutto questo, la mia paura era la gente!

Ho faticato tanto ad affrontare il problema, e sottolineo “problema” perché quello di Alessia e di tanti bambini come lei, non è definibile con la parola “malformazione”. La natura non ha malformato mia figlia, ma ha arrestato una fase della sua formazione, per motivi ancora non precisi.

L’esperienza vissuta ogni giorno accanto ad Alessia e alle tante difficoltà mi hanno fatto crescere e mi hanno portato a riflettere. Diventavo ogni giorno più sicura e padrona della situazione e ciò che inizialmente era un ostacolo insormontabile, ora lo vedevo come un cammino lungo e faticoso, ma più facile da percorrere grazie alla forza dell’amore che solo una madre sa di avere per il proprio figlio.

Oggi Alessia ha risolto tutto a meraviglia, grazie alle mani competenti del compianto Prof. Standoli, che eseguì il primo intervento, e a quelle degli altri medici che successivamente hanno e stanno seguendo Ale, in particolare i Dottori De Stefano e il Dott. Zama, che sono riusciti oltretutto a trasmetterle fiducia nel risultato finale.

Oggi Alessia ha 28 anni, è una donna. Insieme abbiamo affrontato tutte le difficoltà che la situazione ci ha presentato e tutti gli interventi che sono stati necessari. Soprattutto la sua forza e il suo  coraggio hanno fatto si che oggi io possa dire che Alessia ha raggiunto pienamente il suo obiettivo.

Anche professionalmente si sta realizzando. E’ una psicologa e forse la sua scelta non è stata dettata da un caso, ma da qualcosa che in lei è maturato nel corso degli anni in cui ha frequentato l’ospedale pediatrico del Bambino Gesù. La sua sensibilità ha fatto sì che potesse sentire in modo empatico la sofferenza e lo smarrimento dei genitori dei bambini affetti dalle diverse patologie, che fluttuavano giorno dopo giorno lungo i corridoi di quelle stanze dove attendevano i BIMBI SPECIALI.

Alessia ha fortemente voluto rendersi utile in qualche modo; il suo sentirsi vicina sempre alla sofferenza altrui ha fatto di lei quello che oggi è e noi siamo ne siamo fieri.

A tutte le mamme che hanno avuto o avranno un’Alessia o un Alessio mi sento di dire: accettate da subito il vostro bambino “speciale” con gioia e coraggio, ma soprattutto abbiate tanta fiducia nell’affidarlo a mani sicure ed esperte.

Il tempo è trascorso, per fortuna le cose cambiano e anche la gente cambia.

Le esperienze di tanti genitori, che come me e mio marito si sono trovati da soli in un labirinto quasi senza uscita, e la volontà di medici appassionati e competenti hanno portato alla nascita dell’Associazione Odv BA.BI.S. La banda dei bimbi speciali, con l’intento di fornire sostegno psicologico e corrette informazioni ai genitori dei pazienti.

Grazie a tutto questo, tanti genitori si sentiranno meno soli nell’affrontare il percorso faticoso che li aspetta. Potranno essere più sereni perché riceveranno quell’aiuto psicologico e organizzativo di cui hanno bisogno. Potranno contare sull’aiuto umano di chi prima di loro ha affrontato problemi analoghi ed è disposto a raccontare la propria esperienza, rassicurando sulla riuscita del percorso che si andrà ad affrontare.

Antonella, mamma di Alessia

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